Chi crederebbe che, nel XVIII secolo, un filosofo sia stato trascinato davanti ai tribunali secolari, e trattato da empio dai tribunali ecclesiastici per aver detto che gli uomini non potrebbero esercitare le arti se non avessero le mani?
Non dispero di sapere ben presto che e' stato condannato alle galere il primo che avra' avuto l'insolenza di dire che un uomo non penserebbe, se fosse senza testa: «Infatti,» gli dira' un cancelliere, «l'anima e' puro spirito, la testa non e' che materia; Dio puo' collocare l'anima nel calcagno altrettanto bene che nel cervello; e dunque vi denunzio come empio.»
La piu' grande sventura di un uomo di lettere non e' forse d'essere oggetto della gelosia dei suoi confratelli, vittima degli intrighi, disprezzato dai potenti del mondo: e' di essere giudicato dagli stupidi. Gli stupidi arrivano lontano, qualche volta, soprattutto quando il fanatismo si sposa alla stupidita', e la stupidita' allo spirito di vendetta. Un'altra grande sventura per un uomo di lettere e', di solito, quella di non essere appoggiato da nessuno e da niente. Un borghese compera una piccola carica, ed eccolo sostenuto dai suoi confratelli; se e' colpito da un'ingiustizia, trova subito chi lo difende. L'uomo di lettere non trova aiuti: assomiglia ai pesci volanti. Se si innalza un poco, gli uccelli lo divorano; se si immerge, lo divorano i pesci.
Ogni uomo pubblico paga il proprio tributo alla malignita', ma ne e' ripagato con denaro e onori. L'uomo di lettere paga lo stesso tributo, senza ricevere niente; e' sceso nell'arena per suo diletto, si e' condannato da solo alle belve. LIBERTa' (DELLA)
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