A favore degli uomini, si dice. Sara' dunque almeno a favore di tutti gli uomini, si ribatte: poiche' e' impossibile concepire che la natura divina operi per qualche uomo in particolare, e non per tutto il genere umano; e perfino il genere umano e' ben poca cosa: e' molto meno di un piccolo formicaio a paragone di tutti gli esseri che riempiono l'immensita'. Ora non e' la piu' assurda delle pazzie immaginare che l'Essere infinito sovverta a favore di tre o quattro centinaia di formiche, su questo mucchietto di fango, il gioco eterno delle molle immense che fanno muovere tutto l'universo?
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Ma supponiamo che Dio abbia voluto distinguere un piccolo numero di uomini con certi favori particolari: dovra' mutare cio' ch e stabili' per tutti i tempi e tutti i luoghi? Non ha certo alcun bisogno di questo mutamento, di questa incostanza per favorire le sue creature: i suoi favori sono nelle sue stesse leggi. Per esse ha tutto previsto, tutto disposto; tutte obbediscono irrevocabilmente alla forza che egli ha impresso per sempre nella natura. Perche' Dio farebbe un miracolo? Per rendere perfetto un certo disegno su alcuni esseri viventi! Egli dovrebbe dire, dunque: «Con la fabbrica dell'universo, con i miei decreti divini, con le mie leggi eterne non mi e' riuscito di venire a capo di un certo disegno; cambiero' le mie idee eterne, le mie leggi immutabili, per cercare di eseguire cio' che con esse non ho potuto fare.» Sarebbe una confessione della sua debolezza, e non della sua potenza. Sarebbe in lui, mi pare, la piu' inconcepibile contraddizione. Cosi' dunque, osare attribuire a Dio dei miracoli e' veramente insultarlo (se mai gli uomini possono insultare Dio); e' come dirgli: «Sei un essere debole e incoerente.» e' dunque assurdo credere ai miracoli, e' disonorare in qualche modo la Divinita'.
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