Si insiste con questi filosofi, dicendo loro: «Voi avete un bell'esaltare l'immutabilita' dell'Essere supremo, l'eternita' delle sue leggi, la regolarita' dei suoi mondi infiniti; questo nostro picco lo ammasso di fango e' stato sempre visitato dai miracoli; le storie sono tanto ricche di prodigi quanto di eventi naturali. Le figlie del gran sacerdote Anio tramutavano tutto quel che volevano in grano, vino o olio; Atalide, figlia di Mercurio, risuscito' diverse volte Ippolito; Ercole strappo' Alcesti alla morte; Heres ritorno' nel mondo dopo aver passato quindici giorni negli inferi; Romolo e Remo nacquero da un dio e da una vestale; il Palladio cadde dal cielo nella citta' di Troia; la chioma di Berenice di vento'
una costellazione; la capanna di Filemone e Bauci fu mutata in un superbo tempio; la testa di Orfeo pronunziava oracoli, dopo la sua morte; le mura di Tebe si costruirono da sole, al suono del flauto, al cospetto dei greci; le guarigioni avvenute nel tempio d'Esculapio furono innumerevoli, e noi possediamo ancora dei monumenti pieni di nomi e di testimoni oculari dei miracoli d'Esculapio.»
Nominatemi un popolo presso il quale non siano avvenuti degli incredibili prodigi, soprattutto nei tempi in cui si sapeva appena leggere e scrivere.
I filosofi rispondono a queste obiezioni limitandosi a ridere e ad alzare le spalle; ma i filosofi cristiani dicono:
«Noi crediamo ai miracoli operati nella nostra santa religione; li crediamo per fede, e non per la nostra ragione, che ci guardiamo bene dall'ascoltare; perche', quando parla la fede, si sa che la ragione deve restare muta. Noi crediamo fermamente nei miracoli di Gesu' Cristo e degli apostoli; ma permetteteci di dubitare un poco di parecchi altri. Consentite, ad esempio, che noi sospendiamo il nostro giudizio su cio' che ci narra un uomo semplice, cui e' stato dato il nome di "grande". Egli assicura che un umile frate era cosi' solerte nel fare miracoli che il suo priore infine gli proibi' di esercitare questo dono. Il frate obbedi'. Ma un giorno, vedendo un povero muratore piombare giu' dal tetto, esito' fra il desiderio di salvargli la vita e la santa obbedienza. Ordino' soltanto al muratore di restare sospeso in aria sino a nuovo ordine, e ando' di corsa dal priore a raccontargli come stavano le cose. Il priore l'assolse del peccato che aveva commesso, cominciando a fare un miracolo senza il suo permesso, e gli consenti' di portarlo a termine, a patto pero' che la facesse finita e non ricominciasse piu'. Concordiamo con i filosofi che bisogna un po' diffidare di questa storia.»
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