«Ma come osereste negare,» si dice loro, «che san Gervasio e san Protasio siano apparsi in sogno a sant'Ambrogio e gli abbiano indicato il luogo ove si trovavano le loro reliquie? che sant'Ambrogio le abbia dissotterrate e che esse abbiano guarito un cieco? Sant'Agostino era allora a Milano; e' lui che riferisce questo miracolo: "Immenso populo teste", scrive nel suo De civitate Dei, libro XXII. Ecco un miracolo fra i meglio assodati.» I filosofi rispondono che non credono a niente di tutto cio'; che Gervasio e Protasio non appaiono a nessuno; che al genere umano importa assai poco sapere dove si trovano i resti delle loro carcasse; che credono tanto poco alla guarigione di quel cieco quanto a quella del cieco di Vespasiano; che fu un miracolo inutile, e che Dio non fa niente di inutile; e restano fermi nei loro principi. Il mio rispetto per san Gervasio e san Protasio non mi permette di essere dell'avviso di questi filosofi; mi limito solo a riferire la loro incredulita'. Essi fanno gran caso del passo di Luciano che si trova nella Morte di Peregrino:
«Quando un abile prestigiatore si fa cristiano, e' sicuro di far fortuna.» Ma, dato che Luciano e' un autore profano, non deve godere di nessuna autorita' fra di noi.
Questi filosofi non possono risolversi a credere ai miracoli operati nel II secolo. Invano alcuni testimoni oculari hanno scritto che quando il vescovo di Smirne, san Policarpo, fu condannato al rogo e gettato tra le fiamme, udirono una voce dal cielo che gridava: «Coraggio, Policarpo! Sii forte, mostrati uomo!»; e allora le fiamme del rogo si scostarono dal suo corpo e formarono una cupola di fuoco sopra la sua testa, e dal mezzo del rogo usci' una colomba: e cosi' si fu obbligati a tagliare la testa a Policarpo. «A che pro questo miracolo?» dicono gli increduli. «Perche' le fiamme hanno perduto la loro natura, e la mannaia del boia non ha perduto la sua? Com'e' che tanti martiri uscirono sani e salvi dall'olio bollente e non poterono invece resistere al filo della spada?» Si risponde che tale fu la volonta' di Dio. Ma i filosofi avrebbero voluto vedere tutto cio' con i loro occhi, prima di crederci. Quelli poi che rafforzano i loro ragionamenti con la scienza, vi diranno che gli stessi Padri della Chiesa hanno piu' volte ammesso che ai tempi loro non si facevano piu' miracoli. San Crisostomo dice esplicitamente: «I doni straordinari dello Spirito erano concessi anche agli indegni, perche' la Chiesa aveva allora bisogno di miracoli; ma oggi essi non sono piu' concessi nemmeno ai degni, perche' la Chiesa non ne ha piu' bisogno.» E confessa poi che ai suoi tempi non c'era piu' nessuno che risuscitasse i morti, e nemmeno che guarisse i malati. Sant'Agostino stesso, nonostante il miracolo di Gervasio e Protasio, scrive nel De Civitate Dei: «Perche' quei miracoli che avvenivano un tempo oggi non avvengono piu'?» E ne da' la stessa ragione di san Crisostomo: «Cur, inquiunt, nunc illa miracula quae praedicatis facta esse non fiunt? Possem quidem dicere necessaria prius fuisse quam crederet mundus, ad hoc ut crederet mundus.»
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