Dubito assai che, ai tempi di Salomone, ci fossero bicchieri di vetro: si tratta di un'invenzione molto recente; tutti gli antichi bevevano in tazze di legno o di metallo; e il passo in questione indica che quest'opera venne composta ad Alessandria, come tanti altri libri giudaici.
L' Ecclesiaste, attribuito pure a Salomone, e' di un genere e di un gusto del tutto diversi. Chi parla, in quest'opera, e' un uomo disingannato dalle illusioni di grandezza, stanco dei piaceri e disgustato della scienza. e' un filosofo epicureo, che ripete ad ogni pagina che il giusto e l'empio sono soggetti agli stessi accidenti; che l'uomo non ha niente in piu' della bestia; che sarebbe meglio non esser nati, che non c'e' un'altra vita, e che non c'e' niente di buono ne' di ragionevole se non il godere in pace il frutto delle proprie fatiche assieme alla donna amata. L'intera opera e' di un materialista a un tempo sensuale e disgustato. Sembra soltanto che all'ultimo versetto sia stata aggiunta una frase edificante su Dio, per diminuire lo scandalo che un tal libro doveva provocare. I critici stenteranno a persuadersi che quest'opera sia di Salomone. Non e' naturale che abbia detto: «Sventura al paese che ha un re bambino!» Gli ebrei non avevano ancora avuto re simili.
Non e' affatto naturale che egli abbia detto: «Io osservo il viso del re» e' assai piu' verosimile che l'autore abbia voluto far parlare Salomone ma che, per quella mancanza di coerenza di cui son piene tutte le opere degli ebrei, abbia dimenticato spesso, nel corso del libro, che stava facendo parlare un re.
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