in lui.
Come puo' avvenire questo singolare pervertimento del giudizio? E come mai le idee, che procedono con passo tanto fermo e regolare nel suo cervello su un gran numero d'argomenti, possono zoppicare cosi' miseramente a proposito di un altro argomento mille volte piu' tangibile e facile da comprendere? Quell'uomo ha sempre in se' i medesimi principi d'intelligenza: bisogna dunque che ci sia in lui qualche organo viziato, come accade talvolta che il ghiottone piu'
raffinato abbia un gusto depravato per qualche specie particolare di cibo.
E in qual modo s'e' viziato l'organo di quell'arabo, che vede meta' della luna nella manica di Maometto? Per paura. Gli han detto che se non credeva a quella manica, la sua anima, immediatamente dopo la morte, passando sul 131
ponte aguzzo, sarebbe caduta per sempre nell'abisso. E gli hanno detto, anche di peggio: «Se mai tu dubitassi di quella manica, un derviscio ti trattera' da empio; un altro ti dimostrera' che sei un insensato, perche' avendo tutti i motivi possibili per credere, non hai voluto sottomettere la tua superba ragione all'evidenza; un terzo ti deferira' al piccolo Divano di una piccola provincia, e sarai legalmente impalato.»
Tutto questo ispira un terrore panico al buon arabo, a sua moglie, a sua sorella, a tutta la sua famigliola. Per il resto sono dotati di buon senso; ma su questo punto la loro immaginazione e' malata, come quella di Pascal, che vedeva sempre un precipizio accanto alla sua poltrona. Ma il nostro arabo crede veramente alla manica di Maometto? No: ma si sforza di credere, e dice: «e' una cosa impossibile, ma e' vera; io credo a quel che non credo.» E cosi' si ficca in testa, a proposito di quella manica, un caos di idee che non osa sbrogliare: e questo, in verita', significa non avere senso comune.
|