Wu Cheng'en
VIAGGIO IN OCCIDENTE


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     Dopo averlo lasciato, la pusa si affrettò a est in compagnia di Moksa. Viaggiavano da tempo, quando videro un'alta montagna infestata da tali miasmi infetti che era impossibile salirvi. Si preparavano a scavalcarla, montando su una nuvola, quando un violento turbine portò un altro mostro, di aspetto ancor più feroce e pericoloso. Guardatelo:

     Gran labbra accartocciate come foglie,
     Sono gli orecchi ventole di giunco
     E gli occhi son d'acciaio.
     Ha le zanne affilate come lame,
     La bocca spalancata come un forno,
     Stringe le guance il soggolo d'un elmo,
     Serpenti senza scaglie son le cinghie
     Della corazza. Artigli penetranti
     Di drago sono i denti del rastrello,
     L'arma che impugna. Reca alla cintura
     Anche l'arco ricurvo. E un'arroganza
     Da schiacciare gli dèi sotto il disprezzo.


     Si lanciò sui viandanti e alzò il rastrello, senza preavviso, per colpire la pusa. Ma il novizio Moksa, parando il colpo, gridò: "Ti insegno io la buona creanza, sudicio mostro! In guardia!"
     "Misero monacello, vuoi proprio lasciarci la pelle: bada al mio rastrello!"
     E scambiavano colpi in una serie di scontri senza vincitore né vinto.

     Feroce il mostro, il monaco potente;
     Sfonda il torace la sbarra di ferro,
     Ma può il rastrello squarciare la gola.
     Sale in alto una nuvola di polvere,
     Volano pietre e sabbia dappertutto.
     Brillano i nove denti del rastrello,
     Vibrato a tutta forza e risonante.
     La nera sbarra di ferro volteggia.
     Un principe celeste difensore
     Della legge sul monte Potalaka,
     Ed un grande guerriero e fiero mostro:
     Non si sa chi prevale nella lotta.


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