Si precipitarono nel punto in cui lo avevano lasciato, ma Tripitaka non c'era più.
"Che pasticcio!" si lagnava Scimmiotto con la sua vociona. "Si sono portati via il maestro."
Tirandosi dietro il cavallo, con gli occhi pieni di lacrime, Porcellino gemeva: "Santo cielo, e adesso che cosa facciamo?"
"Smettila di frignare" lo rimproverò Scimmiotto. "Piangere indebolisce il morale. Dovrà pur essere da qualche parte sulla montagna: lo dobbiamo trovare."
Tutti e due si lanciarono di corsa sulla montagna, valicarono colli, esplorarono ogni versante. Dopo un po' scoprirono una residenza rupestre. Si fermarono a osservare attentamente lo spaventoso paesaggio; eccolo qua:
Un picco alto ed aguzzo come torre:
Da quella parte serpeggia la strada,
Fra pini azzurri, bambù verdeggianti
E salici e sterculie; strane rocce
Disposte a coppie; solo rari uccelli
Volano in aria. Polisce il torrente
La parete rocciosa ed ai suoi piedi
Forma pozze fangose. Ricchi pascoli
Sotto nubi raminghe. Lepri astute
E le volpi perverse si avventurano
Dove i cervi combattono a cornate.
Pendon tra i rami liane millenarie,
Un cedro senza età domina il luogo.
Supera di grandezza il monte Hua,
Fiori ed uccelli più che nel Tiantai!
"Saggio fratello" disse Scimmiotto a Porcellino, "tu poserai i bagagli in quella cavità, al riparo dal vento, e farai pascolare il cavallo. È inutile che ti faccia vedere. Io vado alla porta e cerco di provocare al combattimento. Se non catturiamo il mostro, non liberiamo il maestro."
"Si capisce. Non starmi a dire le cose ovvie, spicciati!"
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