"Quanti siete?" chiese Scimmiotto.
"Siamo tutti e cinquecento, non ne manca uno."
Scimmiotto si diede una scossa e ricuperò i suoi peli. Poi si volse verso il sovrano, i cortigiani, i monaci e la folla dei laici per tenere questo discorsetto: "Sì, sono stato io a liberare questi monaci, a fracassare il carro e a uccidere due taoisti perversi. Ma ora che i malvagi sono stati sconfitti, sappiate che il Tao è una dottrina di meditazione, non questa pagliacciata in cui molti di voi hanno imprudentemente creduto. Spero che vi renderete conto dell'unità delle tre dottrine e rispetterete tanto il buddismo quanto il taoismo, incoraggiando i talenti che vi si esprimono. Vi garantisco che in questo modo il vostro paese sarà consolidato per sempre."
Il re approvò, lo ringraziò infinitamente e accompagnò i pellegrini fuori della città. Fu una partenza
In cerca dei panieri delle leggi
Presso la prima fonte del sapere.
Partivano all'alba per sostare la notte, mangiavano e bevevano solo quando era proprio necessario. Alla primavera subentrò insensibilmente l'estate, che andò poi declinando verso l'autunno. Una sera, mentre il cielo s'incupiva, Tripitaka trattenne il cavallo e chiese: "Discepoli, dove dormiremo stanotte?"
"Maestro, per chi ha lasciato la famiglia è cosa diversa da chi non l'ha lasciata" obiettò Scimmiotto.
"Dormono entrambi."
"Ma in famiglia a quest'ora ci si infila in un letto caldo sotto morbide coperte, stringendo il bimbo in braccio, con i piedi appoggiati alla moglie, e si dorme a proprio agio. Per noi è tutto diverso. Noi abbiamo la luna per copricapo e le stelle per mantello, ci nutriamo di vento e ci corichiamo sotto la rugiada, camminiamo finché c'è strada e ci fermiamo quando non ce n'è più."
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