Quei mostriciattoli erano coraggiosi e resistevano strenuamente agli assalti. Allora Scimmiotto ricorse alla moltiplicazione del corpo: lanciò in aria un ciuffo di peli, e un esercito di Scimmiotti armati di sbarre cerchiate d'oro si gettò nella mischia. Quei due o trecento mostriciattoli si videro aggrediti da tutte le parti, e non poterono far altro che volgere le spalle e correre a ripararsi nella grotta. Ma Scimmiotto e Porcellino li incalzavano e li massacravano: chi cadeva zampillando sangue da nove fori, chi veniva miseramente spiaccicato dalla sbarra. Il grande re si circondò di nebbia e volò via trasportato dal vento.
L'ufficiale d'avanguardia, colpito da Scimmiotto, si rivelò per un lupo grigio dal dorso di ferro. Porcellino lo afferrò per una zampa e lo rivoltò per osservarlo: "Chissà quanti agnelli e maialini ci sono voluti per crescere questo bel tipo."
Scimmiotto ricuperò i suoi peli e gridò: "Lascialo perdere. Dobbiamo catturare il capo."
Porcellino si guardò intorno e si accorse che l'esercito di Scimmiotti era scomparso: "Dove sono andati a finire?"
"Erano peli miei, li ho ricuperati."
"Certo che sai fare dei begli scherzi!" E ne risero insieme.
L'orco si era rintanato in fondo alla grotta, dove ordinò ai superstiti di barricare l'ingresso con pietre e terra. Erano tutti tremanti e malconci; lavoravano affannati e si guardavano bene dal mettere il naso fuori.
Scimmiotto e Porcellino lanciarono grida di sfida, ma nessuno rispose. I colpi di rastrello avevano poca presa in quella massa di detriti.
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