"E tu mi hai chiesto qualcosa? Non mi hai chiesto nemmeno come mi chiamo" obiettò Scimmiotto. "Che cosa avrei dovuto raccontarti?"
"Te lo avevo chiesto da dove venivi, tu che mi trattavi da brutto lumacone. E tu dicevi: che t'importa da dove sbuco? e pensavi solo al cavallo. Mica parlavi di Tang e di Cina."
"Questa benedetta scimmia è capace soltanto di adoperare la forza, e non è mai disposta a considerare i meriti degli altri" concluse Guanyin. "Per piacere, ficcati bene in testa che nel corso del viaggio si dovranno unire a voi altre persone. Se qualcuno vi chiede qualcosa, incominciate sempre dicendo: cerchiamo le scritture. Non occorrerà menar le mani, si metteranno al vostro servizio spontaneamente."
Scimmiotto acconsentì di buon grado. Guanyin si avvicinò al drago, strappò le perle lucenti che portava al collo, lo asperse della dolce rugiada contenuta nel suo vaso e lo sfiorò con il ramo di salice. Poi soffiò su di lui il suo fiato magico e gridò: "Trasfórmati!" Il drago divenne un cavallo, dal mantello simile a quello che aveva ingoiato. Guanyin gli fece le sue raccomandazioni: "Devi applicarti a vincere ciò che può ostacolare la tua salvezza. Quando avrai accumulato meriti sufficienti, avrai superato il normale stato di drago, e sarai sulla strada buona per ottenere il giusto frutto del corpo dorato di un buddha."
Il giovane drago beveva entusiasmato ogni parola. La pusa incaricò il re scimmia di condurlo da Tripitaka e li salutò: "Ritorno ai miei mari!"
Ma Scimmiotto si aggrappava alla sua manica e non la lasciava partire: "Io ne ho le scatole piene, non ce la faccio più. Ci sono troppi ostacoli sulla strada dell'Ovest, per superarli con quella pappina di monaco. Ne ho abbastanza di badare a me stesso! Come potrei acquistar meriti in queste condizioni? Io ci rinuncio, lascio perdere."
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