"Riconosco lo stratega esperto, vostra maestà" rispose soddisfatta la tigre d'avanguardia. "Sono completamente d'accordo con voi."
Il padrone ordinò: "Ragazzi, portatelo via."
Sette od otto accoliti, che stavano schierati lungo la parete, si precipitarono come falchi sul monaco cinese e lo legarono stretto.
Mai l'ex fanciullo abbandonato dal crudele destino aveva pensato tanto intensamente a Scimmiotto, il suo novizio; mai il monaco divino aveva sentito acutamente come in questa prova la mancanza del suo discepolo Consapevole del Vuoto. Si lagnava debolmente: "Discepoli miei, non so dove siate ora ad abbattere mostri e demoni, ma intanto io sono qui prigioniero di un diavolo da cui mi aspetto il peggio. Chissà se mai ci rivedremo. Me misero! Potete ancora salvarmi, se venite subito. Altrimenti niente mi proteggerà!"
Gemeva e piangeva come una fontana.
Intanto Scimmiotto e Porcellino, inseguendo la tigre, credettero di vederla accovacciata ai piedi della rupe. Scimmiotto alzò il randello e lo abbassò a tutta forza, ma quello vibrò fino a fargli dolere le mani. Porcellino colpì anche lui con il rastrello, ma i denti rimbalzarono senza penetrare: era soltanto la pelle della tigre, che ricopriva una roccia dalla forma simile appunto a una tigre accovacciata.
"Porca miseria, siamo caduti nel tranello!" esclamò Scimmiotto allarmato.
"Che tranello?" chiese Porcellino.
"È il trucco della cicala che abbandona la crisalide: la pelle è rimasta qui, ma lui è scappato. Andiamo immediatamente a controllare che il maestro non sia per caso caduto nelle sue mani."
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