Molte trappole degne dei giudici infernali,
Corde che legherebbero il re Yama in persona.
Si spargon numerosi come stelle in un cielo
Di sciagura, lanciando dei gridi di richiamo.
Tutta questa gente che veniva a spadroneggiare sulla sua montagna fece digrignare i denti al grande santo. Fece un segno con la mano, recitò un incantesimo e soffiò verso sud ovest. Che tempesta si levò!
Prima si alza la polvere, poi la terra, le rocce,
Alberi sradicati, la foresta distrutta.
Le onde del mare si alzano come grandi montagne,
Sulle rive si infrangono e tutte le sommergono.
Cade il buio, le piante più robuste ruggiscono
Come tigri; nel bosco dei bambù mugghia il vento
Come un drago. Dà voce il cielo alla sua collera
E colpisce spietato uomini ed animali.
I mucchi di pietre che erano stati predisposti furono trascinati dal vento a grande velocità e colpirono gli infelici cavalieri come un'artiglieria:
Vedi esploder le teste dei nobili signori,
I cavalli al galoppo lascian strisce di sangue [...]
Dice il poema:
Gli uomini ed i cavalli mai più faran ritorno:
Si aggiran nei deserti, fantasmi senza nome.
Ricordiamo gli eroi, saggi o folli che fossero,
Già pieni di baldanza, poi esanimi nel sangue.
Scimmiotto osservò la situazione e commentò ridendo: "Che fortuna! Quand'ero bonzo, il monaco cinese diceva sempre: 'Il bene non basta praticarlo mille giorni di fila, ma il male è di troppo anche se praticato una sola volta.' Vedo che aveva ragione. In sua compagnia ammazzai pochissimi mostri, ma fu di troppo la quantità di rimproveri che ricevetti. Ora che sono tornato a casa, ho regolato in una volta sola il conto con tutta questa gente, ma non mancherò di ripeterlo se qualcun altro ci riprova."
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