"Detto fatto" dissero i mostri, e spinsero Tripitaka dentro casa. È il caso di dirlo: se entri nel canile, devi abbassar la testa.
Tripitaka salutò giungendo le mani.
"Da dove vieni, bonzo?" chiese il mostro, "e dove saresti diretto? Dimmelo in poche parole, che si capisca bene."
"Sono un monaco che viene dalla corte dei Tang e ha ricevuto la missione imperiale di andare al Paradiso dell'Ovest a cercare le scritture. Poiché passavo per la vostra nobile montagna, ho pensato di visitare il santo che dimora nello stupa. Mi dispiace di avere involontariamente disturbato vostra eminenza; spero che mi vorrete perdonare. Quando ritornerò con le scritture nelle terre dell'Est, il vostro eminente nome sarà consegnato ai posteri, perché lo ricordino perpetuamente per loro edificazione."
A queste parole l'orco si fece una bella risata: "Lo dicevo io che dovevate essere una persona importante. E infatti siete esattamente il tipo di persona che mi piace mangiare a pranzo: non potevate venire più a proposito. Difficilmente avrei potuto prendervi, se non foste stato così gentile da venire spontaneamente a consegnarvi con le vostre gambe. Ciò dimostra che è proprio il vostro destino finire i vostri giorni dentro il mio stomaco. E il destino non si contrasta; io non vorrei mai farlo, lasciandovi andare, e voi non potreste neppure se voleste." E ordinò ai mostriciattoli: "Portatelo via e legatelo bene."
Essi lo legarono ben stretto al palo del riposo dell'anima.
Il vecchio mostro venne a vederlo, impugnando la sua sciabola, e gli chiese: "Bonzo, quanti siete? Non mi racconterai che stavi andando da solo al Paradiso dell'Ovest!"
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