"È tutta colpa tua, bestione" brontolò Sabbioso, che ce l'aveva con lui. "Dovevi ritornare senza farti cercare. Il maestro lo avrà portato via qualche essere malefico."
"Fratellino, non fantasticare" replicò Porcellino ridendo. "Un bosco così bello non può essere abitato dagli spiriti. Il maestro si sarà stufato di restarsene seduto e sarà andato a sgranchirsi le gambe. Guardiamoci intorno, e vedrai che lo troviamo."
Raccattarono cappello e bastone, presero i bagagli, si tirarono dietro il cavallo e si misero in cerca di tracce.
Per un po' vagarono incerti, ma finirono per trovare la pista buona e, dopo un po', giunsero dove si scorgeva ancora lo scintillio del tetto della pagoda, verso sud. Si vede che, per il monaco cinese, non era ancora giunta la sua ora.
"Non disgrazie, ma fortuna!" gridò Porcellino. "Lo vedi quello stupa? Il maestro sarà andato là; chi oserebbe maltrattarlo, in un posto come quello? Gli avranno servito il suo bel pasto di magro e lo tratterranno come ospite. Sbrighiamoci ad andarci anche noi, prima che si mangi tutto."
"Andiamo pure, ma non ci vedo chiaro" commentò Sabbioso.
Marciarono a spron battuto fino alla porta. "To', l'uscio è chiuso!"
Sopra la porta si vedeva una targa di giada bianca, che recava incisi sei grandi caratteri:
GROTTA DELLA LUNA MARINA, SUL MONTE DELLA TAZZA
"Lo vedi, fratello, altro che monastero!" disse Sabbioso. "È un antro di mostri. Se il nostro maestro è lì dentro, andarlo a trovare non sarà tanto semplice."
"Dài, fratellino, non ti spaventare. Lega il cavallo e bada ai bagagli, che io metto le cose in chiaro."
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