"Se sono come li descrivete, saranno piuttosto divertenti che spaventosi. Fateli venire!"
Si mandò alla locanda la piastra d'oro per invitarli. Il bestione disse a Sabbioso: "Tu, fratellino, sostenevi che quella lettera fosse meglio non recapitarla. Ma ora puoi vederne i vantaggi: il re avrà dato ordine di ospitare adeguatamente il latore. Di certo avrà fatto preparare un banchetto come si deve; il nostro maestro, che a tavola non è mai all'altezza della situazione, si troverà in difficoltà a spazzolare tutto e ci avrà fatto invitare perché lo aiutiamo. Noi lo aiuteremo, e questo ci darà vigore domattina per la prossima tappa."
"Vedremo" commentò laconicamente Sabbioso.
Affidarono al locandiere bagagli e cavallo, e seguirono a corte il latore della piastra d'oro, portando con sé le proprie armi. Quando furono davanti ai gradini di giada bianca, fecero un semplice saluto e rimasero in piedi.
Gli ufficiali civili e militari si spaventarono. Dicevano: "Passi la bruttezza, ma questi bonzi sono veri villani! Come si permettono di comparire davanti al re senza prosternarsi? Hanno fatto un saluto qualsiasi e se ne stanno lì ritti impalati. Da non credere!"
"Signori, non spettegolate" fece Porcellino sentendo il mormorio. "Siamo fatti così. Non siamo molto belli, ma ci farete l'abitudine."
Il re, che era già allarmato dall'orribile aspetto, all'udire questa dichiarazione si mise a tremare come una foglia e cadde giù dal trono reale; per fortuna gli ufficiali più vicini lo risollevarono subito. Tripitaka, sconvolto, si gettò a terra e si prosternò precipitosamente più volte: "Maestà, merito mille morti! L'avevo detto che i miei discepoli erano impresentabili e che temevo recassero offesa a vostra maestà. Ed ecco che vi hanno cagionato un brutto spavento."
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