Quando maestro e discepoli ebbero consumato la cena, i monaci sparecchiarono la tavola e Tripitaka ringraziò: "Nobile superiore, vi abbiamo recato molto disturbo."
"Nemmeno per sogno, la nostra accoglienza è stata ben modesta."
"Potremo riposare qui?"
"Un momento di pazienza. Lasciatemi dare le disposizioni necessarie." Si rivolse all'intendente: "Hai a disposizione i tuoi uomini?"
"Certo, maestro."
"Mandane due a prendere la paglia per la lettiera del cavallo di sua signoria. Gli altri devono spazzare con cura la sala di meditazione a tre arcate, disporre i letti e invitare sua signoria al riposo."
I servi eseguirono, e quando tutto fu pronto invitarono il reverendo cinese a coricarsi. Maestro e discepoli lasciarono la residenza del superiore e si trasferirono nella sala di meditazione. Trovarono l'ambiente ben illuminato, con quattro letti di canna d'India disposti lungo le pareti. Scimmiotto, che aveva condotto il cavallo con sé, gli fece portare del fieno e ordinò ai servi di ritirarsi. Tripitaka si sedette al centro. I cinquecento monaci lo circondavano in due gruppi, senza osare di chiedere congedo. Tripitaka disse loro: "Vi prego di ritirarvi, perché il povero monaco che sono possa prendere qualche riposo."
Ma i monaci non osavano andarsene, perché il superiore aveva loro raccomandato di accertarsi che sua signoria fosse soddisfatto di ogni cosa. Bisognò che Tripitaka confermasse: "Ho tutto quello che mi serve, potete andare."
Tripitaka si alzò e uscì per soddisfare un bisogno. Vide la luna che splendeva nel cielo e chiamò: "Discepoli miei!"
|