Non poté più trattenersi e balzò nel conflitto, brandendo il suo rastrello a nove denti; ma l'avversario si impaurì e volse la schiena. "Dài, inseguilo! Prendilo!" gridò Scimmiotto a Porcellino.
Lo inseguirono fino all'ingresso della grotta, dove il mostro balzò su uno dei piccoli carri; con una mano brandiva la lancia, con l'altra stretta a pugno si colpì due volte sul naso.
"Vigliacco svergognato!" gridò Porcellino. "Si dà i pugni sul naso per farne colare sangue e sporcarsi la faccia, come se lo avessimo stuprato. Dove conti di andare a querelarti che ti abbiamo fatto la bua?"
Ma il mostro recitò un incantesimo, e dal naso non gli uscì sangue, bensì denso fumo, mentre la bocca incominciava a vomitare fuoco. In un batter d'occhio le fiamme si estesero tutto intorno, corsero per i pendii, salirono al cielo: l'universo era in fiamme, mentre la caverna scompariva fra nere volute di fumo.
"Fratello" diceva affannato Porcellino, "ci dobbiamo levare di qui. Non si può resistere a questo fuoco d'inferno. Con sale e rosmarino, diventerò presto un arrosto da servire in tavola." E, volte le spalle, corse al torrente senza curarsi del suo compagno.
Scimmiotto fece con le dita il gesto magico per resistere al fuoco e si gettò tra le fiamme a caccia del mostro; ma questi vomitò altro fuoco, più violento che mai. Che fiamme, ragazzi!
Arrossano la terra ed infiammano il cielo,
Girano come ruote, danzano dappertutto.
Non è fuoco di legna, né quello di carbone
Che arde nella fornace del signore Laozi;
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