"Va male!" osservò Porcellino. "Al maestro succede qualcosa che non capisco."
"Gli sarà venuto il mal di testa" ipotizzò Sabbioso.
"Il nostro maestro è una persona onesta" intervenne Scimmiotto. "Se dice che sa meditare, è certo vero. Uno come lui non racconta balle. State zitti che vado a dare un'occhiata."
Il bravo Novizio andò a ronzare intorno alla testa di Tripitaka e vide che ci aveva messo radici una cimice grossa come una fava; la tolse via e massaggiò il morso. Il reverendo, sollevato, riprese la sua postura diritta e solenne.
"Sulla testa rasata dei monaci non può trovare riparo nemmeno il pidocchietto più piccolo" almanaccava Scimmiotto. "Da dove può essere venuta la cimice? Scommetto che è stato il daoshi a ricorrere a mezzi sleali. Se è quello che cerca, vediamo chi se la cava meglio."
Si trasformò in una scolopendra lunga sette pollici, si infilò dentro una narice del taoista e pizzicò forte. Il malcapitato diede un sobbalzo e cadde rovinosamente al suolo; si sarebbe rotto l'osso del collo, se i soldati della guardia non lo avessero preso al volo.
Il re, tutto allarmato, lo fece trasportare dal grande precettore di servizio nell'edificio dello Splendore delle Lettere, perché venisse lavato e pettinato. Scimmiotto intanto riprese forma di nuvoletta per riportare al pianterreno il suo maestro, che venne proclamato vincitore.
Il re aveva giusto ripreso in mano il passaporto, quando l'eminente immortale Potenza del Cervo osservò: "Vedete, maestà, il fatto è che il mio confratello soffre di un male cronico che gli provoca capogiri: mentre era lassù, esposto al vento divino, una crisi l'ha fatto cadere. La vittoria del bonzo è dovuta solo al caso. Lasciate che lo sfidiamo a una partita al gioco di indovinelli dentro il legno."
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