"Ma parlavano di un tesoro; non si può trattare di stracci."
"Date retta. Qualunque cosa dicessero, ciò che serve è indovinare."
Il monaco cinese fece un passo avanti, ma prima che aprisse bocca Potenza del Cervo dichiarò: "Parlo prima io. Nel cofano c'è una veste di rappresentanza, su cui sono ricamati gli altari della patria, e una gonna da cerimonia ricamata con i simboli del cielo e della terra."
"Non mi risulta" obiettò Tripitaka. "Nel cofano c'è un vecchio vestito a brandelli."
"Che insolenza incredibile ha questo bonzo!" si indignò il re. "Si burla del nostro paese, come se fossimo nel regno degli stracci. Arrestatelo!"
Le guardie si fecero avanti per impadronirsi di lui. Egli giunse le mani e protestò: "Maestà, aspettate a pronunciarvi di aver aperto il cofano. Se dentro ci fosse un tesoro, sarei colpevole. Ma in caso contrario, non subirei forse un torto?"
Il re ordinò di aprire il cofano. L'ufficiale di servizio aprì e ne cavò il vassoio di lacca rossa che reggeva il misero cencio.
"Chi ha messo lì dentro quella cosa disgustosa?" urlò il re indignato.
"Mio signore" rispose concitata la regina scivolando accanto al trono, "ci avevo messo con le mie mani una veste di rappresentanza e una gonna da cerimonia; non riesco a capire come abbiano potuto tramutarsi in questi rifiuti."
"Signora, ritiratevi! Si capisce che quella porcheria non può venire dal palazzo: qui usiamo esclusivamente seta fine. Datemi il cofano: ci metterò io un tesoro e ripeteremo l'esperimento. Questa volta, vedremo!"
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