"È quello che regge il brucia profumi e indossa un abito lungo" informò la grande precettrice.
Socchiudendo gli occhi di fenice e alzando le sopracciglia di falena, la regina lo scrutò con attenzione. Non era certo un tipo comune. Eccolo qua:
Portamento prestante, dignità del volto, denti candidi come argento da cesello, bocca ben tagliata con labbra rosse, sommità del capo piatta, fronte larga e tempie piene, occhi limpidi sotto la linea pura delle sopracciglia, lungo mento.
I lobi delle orecchie recano contrassegni di vera eminenza; dalla testa ai piedi non ha nulla di volgare, un'eleganza sostenuta dall'intelligenza, degno per ogni aspetto della grazia seducente della prima dama del regno dei Liang.
Mentre lo contemplava con delizia e rapimento, la regina si sentì dominata da desideri impudichi. Socchiudendo le graziose labbra di ciliegia si rivolse a lui: "Nobile fratello dell'imperatore dei Tang, che cosa aspettate per montare sulla fenice e cavalcare il drago?"
A questa proposta Tripitaka arrossì fino alle orecchie, troppo imbarazzato per alzare gli occhi. Accanto a lui Porcellino divorava quella donna con gli occhi. La sua bellezza era fragile e delicata:
Sopracciglia di piume di martin pescatore, pelle che ha la dolcezza della giada più fine, guance di fior di pesco, capelli avvolti in fenice d'oro. L'onda autunnale del suo sguardo vi avvolge nel suo fascino, i germogli primaverili delle sue dita si muovono con grazia. Sulla sua cintura sono i mille colori della seduzione, l'alta capigliatura brilla di perle e di smeraldi. Non parliamo di Wang Zhaojun, per quanto superi la Xi Shi d'altri tempi. A ogni movimento del suo busto di giovane salice tintinnano i ninnoli d'oro, a ciascuno dei suoi passi leggeri si indovinano le sue gambe di giada. Non sembra una donna mortale: non oserebbero paragonarsi con lei né la dea della luna né le fate del nono cielo. Sembra la regina madre dell'Ovest presso lo Stagno di Diaspro.
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