La regina non sospettò l'inganno e ordinò di preparare la carrozza reale, su cui salì appoggiandosi a Tripitaka. Attraversarono dunque la città: dappertutto lungo le strade si riempivano le coppe d'acqua pura e i brucia profumi dell'incenso più fine. Si gioiva tanto del passaggio della regina, quanto di questa inaudita presenza maschile. Giovani e vecchie si erano pettinate, truccate e incipriate per l'occasione. Presto il corteo giunse fuori dalla porta occidentale.
Scimmiotto, Porcellino e Sabbioso, tutti insieme, si aggiustarono i vestiti, si recarono accanto alla carrozza e gridarono forte: "Che la regina non si dia pena di accompagnarci oltre. Noi ci congediamo qui."
Il reverendo discese dal veicolo, giunse le mani e disse alla sovrana: "Ritornate, signora, e vogliate lasciar proseguire nella ricerca delle scritture l'umile monaco che sono."
La regina impallidì e si aggrappò al monaco: "Caro fratello, per avervi come sposo ho acconsentito a darvi tutto il mio regno. Domani salirete al trono e sarete proclamato re. Ho accettato di essere la vostra sposa, abbiamo celebrato il banchetto di nozze: ora non potete cambiare idea!"
Porcellino uscì dai gangheri; torcendo il grugno da tutte le parti e sbattendo le orecchie all'impazzata, corse alla carrozza gridando: "Noi monaci dovremmo sposare uno scheletro incipriato come te? Lascia andare il mio maestro!"
La povera regina, sotto l'urto brutale di quest'ultima aggressione, sentì le sue anime abbandonarla e svenne dentro la carrozza. Sabbioso liberò Tripitaka dalla folla e lo aiutò a montare in sella. Ma proprio allora si vide ergersi sul ciglio della strada una figura di donna, che gridava: "Dove vai, fratello dell'imperatore dei Tang? Vieni a divertirti con me al gioco del vento e della luna!"
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