"Che disastro!" gridņ Scimmiotto, arrivando a battersi il petto dalla disperazione. "Come avete potuto abbandonare il nostro tesoro nelle mani di quel macaco? Mi farete morire di rabbia!"
"Non ve la prendete" ribatté sorridendo la Rāksasī. "Non gli ho dato il ventaglio vero, ma uno falso."
"Il vero dov'č?"
"State tranquillo, l'ho messo al sicuro."
Ordinņ alle cameriere di preparare il vino per brindare all'arrivo del padron di casa, gliene presentņ una coppa e disse: "Anche fra i piaceri del vostro nuovo matrimonio, non dovete dimenticare il nostro legame. Accettate questa insipida bevanda del vostro paese!"
Scimmiotto non osava rifiutare. Sollevņ la coppa con una risatina: "Signora, tocca a voi bere per prima. Voglio mostrarvi la mia gratitudine per la cura che vi siete presa del nostro patrimonio, mentre ero lontano e impegnato ad amministrare altri beni."
La Rāksasī vuotņ la coppa, la riempģ nuovamente e gliela tese: "Non si č sempre detto: sposa in casa, gestione attenta? Ma il marito č il padre che la nutre. Non č il caso di ringraziarmi."
Dopo queste dimostrazioni di modestia, si sedettero a bere. Mentre chiacchieravano, Scimmiotto badava di non violare i suoi divieti alimentari e si accontentava di qualche frutto.
Dopo qualche giro di bicchieri, si destņ la concupiscenza della Rāksasī: gli mormorava paroline dolci, prendeva le sue mani, gli si strofinava contro, lo accarezzava e lo toccava. Intanto bevevano dallo stesso bicchiere, un sorso per uno, e si porgevano la frutta bocca a bocca. Il grande santo stava al gioco. Di certo
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