"Ehi, Ammiraglio dei Canneti Celesti, che cosa aspetti a farti avanti?" gridò la divinità.
"Fratello, arrivo!" urlò Porcellino brandendo il rastrello.
"Grazie tante, ciccione mio, ma ormai l'operazione l'hai mandata all'aria."
"Mi ha spedito qui il maestro, ma io non conoscevo la strada, si è perso tempo a discutere e il tudi ha dovuto farmi da guida. Perciò sono in ritardo. In che modo avrei mandato all'aria le tue grandi manovre?"
"Non è per il ritardo. Questo toro è un vero stronzo. Ero riuscito a sottrarre il ventaglio alla Râksasî, ma lui ha preso il tuo aspetto e mi è venuto incontro; ero così contento di rivederti, che gliel'ho affidato e mi sono fatto fregare. Ed eccoci qui a pestarci di santa ragione. Perciò dico che hai mandato all'aria l'operazione."
Porcellino fu colto da una rabbia violenta: "Ti colga la peste, mucchio di marciume! Te la farò vedere io! Come osi imitare l'aspetto di tuo nonno, per imbrogliare il mio condiscepolo e seminar zizzania tra fratelli?"
E abbatté furioso il suo rastrello. Il re toro, dopo tanti attacchi di Scimmiotto, si sentiva stanco e temette di non poter sostenere anche la temibile arma di Porcellino; perciò volse le spalle e cercò scampo nella fuga. Ma la divinità dei Monti di Fuoco, alla testa delle sue truppe infernali, gli tagliò la ritirata e lo apostrofò: "Re Granforzuto, arrenditi! Non c'è dio che non protegga Tripitaka nella sua ricerca delle scritture, o cielo che non lo benedica. Lo conoscono i tre mondi, lo sostengono i dieci orienti. Va senza esitare a spegnere le fiamme con il tuo ventaglio, perché possa passare le montagne senza ostacolo e senza danno. Altrimenti il Cielo di Sopra ti condannerà e ti castigherà senza remissione."
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