"Guarda, guarda!" motteggiò Scimmiotto. "Stamane ve l'eravate cavata con molto meno."
"All'arrivo delle vostre signorie" risposero i due arrossendo e prosternandosi, "la cecità dei vostri umili servitori impedì loro di riconoscere la vostra eminente dignità. Abbiamo saputo che siete una celebrità nel campo della medicina, che curate il nostro sovrano e che potreste acquistare metà del regno: in tal caso ci troveremmo forse fra i vostri sudditi. Questi omaggi sono il minimo che possiamo fare."
Scimmiotto apprezzò il discorsetto e andò a sedersi nella sala grande al posto d'onore, con Porcellino a sinistra e Sabbioso a destra. Mentre si serviva il pranzo, Sabbioso domandò: "Fratello, che ne è del maestro?"
"Il re se l'è tenuto in ostaggio" spiegò Scimmiotto. "Lo lascerà andare quando sarà guarito."
"Avrà tutto quello che gli serve?" chiese Sabbioso.
"Lo credo bene, è alloggiato nel palazzo reale. Mentre uscivo, era circondato da tre alti segretari che lo invitavano a recarsi nel Padiglione Splendore della Cultura."
"Certo se la passa meglio lui con i suoi alti segretari" commentò Porcellino, "che noi con questi osti pulciosi. Ma la cosa non mi guasta l'appetito."
Si godettero la serata, e sul tardi Scimmiotto si fece portare olio da ardere e candele in quantità, per utilizzare la notte nella fabbricazione del rimedio per il re.
Era già mezzanotte e il silenzio regnava sulla città quando si misero al lavoro. Porcellino si spazientiva: "Fratello, non perdiamo tempo con le droghe; io ho sonno."
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