In meno di un'ora raggiunsero la città. Scimmiotto gridò: "Ora, signora, potete aprire gli occhi."
La regina li spalancò, e riconobbe le torri e i padiglioni che le erano familiari. Piena di gioia, si alzò dal drago di paglia su cui era seduta e corse alla sala d'udienza, seguita dal Novizio.
Il re scese dal trono a precipizio per andarle incontro, ma, quando tese la mano a toccarla, la ritrasse gemendo: "Dio, che male!" e cadde svenuto.
Porcellino scoppiò a ridere: "Ma guarda che sfortuna! La desiderava tanto, che quando l'ha rivista è caduto morto."
"Scemo" gli disse Scimmiotto, "vorrei vedere te."
"Devo provare ad abbracciarla?"
"A tuo rischio, caro mio. A questa signora sono cresciuti degli aculei velenosi su tutto il corpo. Il mostro che l'aveva rapita non poté mai toccarla: ci provò una volta all'inizio, e sentì un tale dolore che bastò a tenerlo alla larga per tutti i tre anni successivi."
"Ma allora, come faremo?" chiedevano allarmati i funzionari, a sentire queste spiegazioni. Intanto le mogli Palazzo d'Argento e Palazzo di Giada si prendevano cura del re, lo facevano ritornare in sé e lo aiutavano ad alzarsi.
Mentre tutti erano disorientati, una voce dall'alto gridò: "Eccomi, grande santo!" Scimmiotto alzò gli occhi e vide:
Gru battono le ali, lanciando i loro lunghi gridi; la brezza porta spirali di luce splendente. Brume e nuvole sembrano uscire dal mantello del nuovo arrivato. Ai piedi sandali di paglia di foggia insolita; in mano uno scacciamosche di barbe di drago; alla vita una cintura di seta.
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