"Spero che vostra santità sarà indulgente" disse il tudi prosternandosi un'altra volta. "Anche questo è territorio di Bhiksu, soggetto alla mia vigilanza. Ma quel mostro è più forte di me e si sarebbe vendicato se avessi tradito i suoi disegni: perciò sono stato costretto a mancare ai miei doveri. Ma ora che è arrivata vostra santità, basterà che si accosti al salice con nove rami sulla riva sud, gli giri intorno per tre volte in senso orario e per tre in senso antiorario, bussi con entrambe le mani e gridi tre volte: 'Apriti!' In questo modo avrete accesso al palazzo della Grotta di Puro Splendore."
Scimmiotto congedò il tudi e scese in riva al torrente a cercare il salice con nove rami. Seguì le istruzioni: l'albero scomparve con un rumore di tuono e apparve una porta a due battenti che si aprirono cigolando. Dentro splendeva luce, ma non si vedeva nessuno. Il Novizio entrò senza esitare e si trovò in un posto magnifico:
Nubi leggere velano il sole e la luna. Bianche nuvole escono dalla grotta, una lieve bruma smeraldina è diffusa nella corte. Il sentiero è bordato da splendidi fiori rari; piante di diaspro gareggiano in bellezza e profumi. Un clima mite regna nel giardino fatato, emulo di Penglai e Yingzhou. Le panchine scivolose si coprono di rampicanti, liane pendono arruffate dal ponticello. Le api lasciano cadere rossi stami di fiori sulle rocce; le farfalle volano fra le orchidee.
Scimmiotto si avvicinò a una quinta di pietra su cui erano tracciati quattro grandi caratteri:
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