Al povero cervo scesero grosse lacrime dagli occhi, mentre gli usciva dal petto un lungo belato come un lamento. Longevità gli diede una pacca sulla testa: "Tu sei vivo, scemo. Che t'importa di quest'altra bestia?" Poi gli legò la propria cintura intorno al collo e si dichiarò pronto a recarsi dal re di Bhiksu.
"Non è finita" insisté Scimmiotto. "Prima dobbiamo disinfettare il posto, perché in futuro non venga riutilizzato come covo malefico."
Porcellino corse di nuovo a colpire il vecchio salice, mentre il Novizio recitava l'incantesimo di convocazione del tudi: "Raccogli legna secca e brucia tutto. È un buon affare anche per te: ti eviterà in futuro altre noie con esseri malefici."
La divinità sollevò un gran vento e, con i suoi assistenti, raccolse in breve una quantità di legna e ramaglie che giacevano sparse da molto tempo, ed erano asciutte e ben combustibili.
"Porcellino, non perdere tempo" gridò Scimmiotto. "Quel salice brucerà con tutto il resto." In breve la residenza del mostro fu sommersa da un uragano di fuoco.
Congedato il tudi, si recarono a corte. Longevità teneva alla briglia il cervo, che recava in groppa i resti della volpe. Entrarono nella sala d'udienza e presentarono quei resti al re: "Che ne dite? Avete ancora voglia di divertirvi con questa bella figliola?" Il re taceva e batteva i denti.
Quando fu presentata la stella della Longevità, re e sudditi, regine e concubine ammutolirono dallo stupore. Tutti si inginocchiarono per rendere omaggio.
Il Novizio disse al re: "Questo cervo non è altri che il tuo famoso suocero di stato; quando veniva a corte, non gli lesinavi i complimenti."
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