Wu Cheng'en
VIAGGIO IN OCCIDENTE


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     Sotto le chiome verdazzurre dei pini, il sentiero ripido e accidentato si inerpica fra le rocce. Erbe ed arbusti, anafalidi e licheni tappezzano di verde le altissime rupi.
     I picchi maestosi si allineano come alabarde; le acque in tumulto negli innumerevoli burroni rivaleggiano con la voce del vasto oceano lontano.

     Il maestro era immerso nella contemplazione del paesaggio; un canto di uccello destò in lui la nostalgia. Tirò le redini e disse: "Discepoli miei!

     Da quel giorno lontano, festa delle lanterne,
     In cui il figlio del cielo mi ordinò di partire,
     Quante prove ho affrontato! Nubi e venti, montagne,
     Draghi e tigri. Ho percorso tutti i dodici picchi
     Dei monti delle Streghe. Quando potrò tornare,
     Fratello mio, al paese? Quando ti rivedrò?"(65)

     "Maestro" protestò Scimmiotto, "pensate sempre a casa vostra: non è un atteggiamento da monaco che ha lasciato la sua famiglia. Conservate l'animo in pace, non vi date pena per queste cose. Gli antichi dicevano: che cerchi soldi od onorificenze, devi applicarti senza reticenze."

     "Maestro" insinuò Porcellino, "non sarà capitato che il beato Buddha abbia traslocato altrove con le sue sporte di sutra? Avrà saputo che noi le cerchiamo, e lui magari non avrà voglia di darcele. Altrimenti, come spiegate il fatto che si cammina, si cammina, e non si arriva mai?"
     "Zitto, non inventar frottole!" disse Sabbioso. "Pensa a fare il tuo lavoro e a seguire il condiscepolo anziano. Prima o poi arriveremo a destino."
     Si avvicinavano a un'immensa e nera abetaia. Il monaco cinese esclamò: "Ai rischi della montagna ora si aggiungono quelli del bosco oscuro. Stiamo attenti!"


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