La brava lamia, senza sciogliere i suoi legami, approfittò di una brezza favorevole per far pervenire a Tripitaka qualche parolina edificante: "Maestro" sospirava, "tu che abbandoni una povera fanciulla in difficoltà negandole soccorso, quali sutra speri di ottenere dal Buddha con la tua devozione ottusa e senza coscienza?"
Il monaco tirò le redini del suo cavallo: "Consapevole del Vuoto, torna indietro; va ad aiutare quella donna."
"Che cosa ve la fa tornare in mente, maestro?"
"È lei che mi chiama."
"Tu hai sentito qualcosa, Porcellino?"
"Non si può dire che le mie orecchie siano piccole, ma non ho sentito niente."
"E tu Sabbioso?"
"Pensavo ai bagagli che porto, non ho fatto attenzione. Comunque non ho sentito niente."
"Nemmeno io ho sentito niente. Maestro, perché dite che vi chiama? Che cosa vi dice?"
"Mi dice cose sensate: dice che la devozione senza coscienza di chi non soccorre la gente nel bisogno non otterrà i sutra dal Buddha. Val più salvare una sola vita umana, che costruire una pagoda di sette piani. Bisogna salvarla: è più importante della ricerca delle scritture."
"Quando al maestro viene l'uzzolo delle opere buone, non c'è rimedio al mondo che lo guarisca" sogghignò Scimmiotto. "Quanti mostri abbiamo incontrato lungo la strada! Vi acchiappano, vi portano nel loro covo, e io devo venire a tirarvi fuori e a spiaccicarli con la mia sbarra di ferro. La persona che adesso vi sta cuore è della stessa risma: si può sapere che bisogno avete di andarvi a consegnare nelle sue mani, per poi mettervi a piangere?"
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