I lama pensavano: "Questo bandito peloso è un gran chiacchierone, ma può darsi che ci sia qualcosa di vero." Dentro di sé erano scettici, ma per educazione emettevano un indistinto mormorio di approvazione. Il loro superiore fece sentire un'altra campana: "Lasciate stare, pensate invece al vostro maestro! Non c'è nessuna fretta di catturar fantasmi. Dice il proverbio: il principe al banchetto, se non si sazierà, calmerà almeno l'appetito; il prode in battaglia, se non sarà ammazzato, buscherà almeno una ferita. Proveremmo un eminente dispiacere se il maestro ammalato subisse danno dalle vostre battaglie con gli spettri."
"Giusto. Vado a portargli da bere, e torno subito." Riempì la sua ciotola e portò l'acqua a Tripitaka. Questi, tormentato dall'arsura, la vuotò in un sorso. In verità
L'acqua per l'assetato è un gran piacere,
Ed è appunto il rimedio che ci vuole.
Il reverendo si sentì subito meglio: il suo volto riprese un po' di colore e il suo corpo qualche energia. Scimmiotto lo vide più disteso e domandò: "Maestro, che ne direste di una minestra e di una tazza di riso?"
"Ne prenderò volentieri. L'acqua mi ha giovato come un buon farmaco: mi sento mezzo risanato."
Scimmiotto corse in cucina gridando: "Il maestro sta meglio. Vuol mangiare."
I monaci si affrettarono a preparare il pasto. Misero al fuoco il riso, impastarono tagliatelle, prepararono focacce, fecero cuocere qualche panino al vapore e cucinarono vermicelli in brodo. Servirono quattro o cinque piatti. Tripitaka si limitò a sorbire mezza tazza di brodo, Scimmiotto e Sabbioso gli fecero parca compagnia e tutto il resto finì nel ventre vorace di Porcellino. Poi i lama sparecchiarono la tavola e portarono le lampade.
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