"Rinuncia, Porcellino. Hanno ammassato una montagna."
"E come vendichiamo il maestro?"
"Per ora ritorniamo alla tomba, da Sabbioso."
Il Bonzo piangeva ancora e Porcellino, per simpatia, diede in rumorosi singhiozzi, si lasciò cadere sul tumulo e gemette: "Maestro, che destino crudele! Come siete andato lontano! Potremo mai rivederci?"
"Fratellino" disse Scimmiotto, che non riusciva a distogliere il pensiero dalla vendetta, "l'orco ha turato l'ingresso, ma certo ci sarà un'entrata di servizio. Voi restate qui; io cerco di individuarla."
"Attento, fratello" rispose Porcellino fra le lacrime. "Non farti fregare anche tu, perché ci metteresti in difficoltà. Un singhiozzo per il maestro, uno per te: io finirei per far confusione."
"Sta sicuro che non avrai bisogno di piangere anche me."
Il grande santo ripose la sua sbarra, strinse alla vita il gonnellino di tigre e si mise in cammino. Aggirando la rupe udì l'acqua gorgogliare: un ruscello scendeva dalla montagna e riceveva acque rossastre da un canale di scolo che usciva dalla rupe. Accanto all'origine del canale c'era una porticina mimetizzata nella roccia.
"Ecco l'entrata di servizio che cercavo. Sarà meglio che non mi presenti con la mia faccia: non mi darebbero il benvenuto. Mi trasformerò in una biscia d'acqua. Ma forse l'anima del maestro, negl'inferi, troverebbe da ridire su un monaco di formato serpentino. E se diventassi granchio? Ma il maestro direbbe che non è decente per un monaco avere tanti piedi."
Finì per trasformarsi in un ratto e scivolò con un fruscio attraverso la bocca del canale nella corte posteriore della grotta. Sotto il sole, i mostriciattoli sopravvissuti si davano da fare: trinciavano quarti di carne umana e disponevano i pezzi a seccare.
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