"Avi miei!" si disse Scimmiotto. "Magari quello è il maestro: non lo avranno mangiato tutto, e ne metteranno un po' da parte per le giornate piovose. Mi vien voglia di dargli una lezione, ma è troppo presto. Devo prima sapere dov'è l'orco e che cosa fa."
Uscì dunque dal canale di scolo e, con una scossa, si trasformò in una formica alata.
È debole e piccino, detto Grano di Pepe.
Resta a lungo nascosto per farsi crescer l'ali
E poi va per il mondo a mostrare talenti
Di stratega minuscolo. Sa preveder la pioggia,
Sa chiudere il suo nido con la terra e la cenere.
Così leggero e aereo, nessun lo può fermare,
Né mai trova barriera che possa fargli ostacolo.
Volò via fino alla sala grande e vide l'orco seduto in atteggiamento depresso e preoccupato, finché un mostriciattolo venne a dirgli: "Grande re, va tutto per il meglio! Mille gioie vi attendono!"
"Quali gioie potranno mai essere?"
"Mentre facevo la ronda sulla montagna, mi sono imbattuto in Porcellino, Scimmiotto e Sabbioso che piangevano davanti a un tumulo. Avranno sepolto la testa che gli abbiamo dato per quella del monaco cinese."
Scimmiotto si rallegrò: "A quanto pare, il maestro è ancora nascosto qui da qualche parte, e non l'hanno affatto mangiato. Bisogna che lo trovi e veda in che stato è; la mia conversazione con l'orco può aspettare."
Svolazzò dappertutto, finché scoprì in un angolo buio della sala un piccolo uscio sbarrato. Scivolò da una fessura e si trovò in un giardino in cui risuonavano gemiti di dolenti. Infatti, in fondo al giardino, si ergeva un gruppo di alberi ai quali erano legati due uomini: uno era Tripitaka. Per la gioia Scimmiotto riprese il proprio aspetto, e corse verso di lui.
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