Si sa che questo epiteto innervosiva il grande santo. Il sangue gli montò alla testa, e alzò la sbarra per dargli una buona legnata. Ma il mostro mulinò il suo pestello, e lo scontro riprese.
La sbarra cerchiata d'oro e il pestello per battere droghe nel mortaio sono due armi magiche molto diverse, ma ugualmente potenti.
Lei è scesa nel basso mondo a scopo di matrimonio; lui svolge il suo compito di protezione del monaco cinese.
In effetti la colpa è del re, che con il suo eccessivo amore per i fiori ha attirato l'attenzione dell'essere perverso.
È lo scontro di due testardi: a ogni assalto, corrisponde un adeguato contrattacco; non parliamo poi delle ingiurie che i due si scambiano a ruota libera.
Non trovereste altrove un pestello più gagliardo; ma la sbarra è ancor più potente.
Raggi d'oro illuminano le porte del Cielo; brume colorate mandano i loro riflessi fino alla terra.
Le forze della creatura malefica vengono meno: regge una diecina di scontri, ma alla fine si ritrova spossata.
In capo a una diecina di scontri, la creatura si rese conto che quella sbarra stava diventando una minaccia incontrollabile; fece una finta, con una lieve rotazione si trasformò in un fascio di raggi dorati e fuggì verso sud. Il grande santo la inseguì fino a un'alta montagna, dove la vide scomparire dentro una grotta.
Scimmiotto si accontentò di rilevare i luoghi e preferì ritornare dal maestro, per assicurarsi di non cadere vittima di manovre diversive.
Erano circa le quattro del pomeriggio. Il re tremava e si aggrappava a Tripitaka, pregandolo: "Santo monaco, salvatemi!" Le regine e le dame, terrorizzate, videro Scimmiotto che scendeva da una nuvola e chiamava: "Maestro, eccomi qua."
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