Sarebbe interessante approfondire perché l'autore, senza rinunciare affatto al suo paio di anime, taoista e confuciana, abbia scelto per ospitarle proprio un corpo buddista, con grande dispiegamento di terminologia sanscrita. Voluta o no, sul terreno dell'indipendenza di giudizio e di sensibilità poteva essere la scelta più conveniente.
Per gioco, potremmo dire che nel libro è confuciana la mentalità, taoista la fantasia, buddista la decorazione e wucheng'eniano l'umorismo.
4. È possibile una lettura dell'intero libro in chiave di allegoria cosmologica; molti titoli e una parte dei versi mostrano che l'operazione non è arbitraria. Per noi lettori occidentali non eruditi restano semplici tocchi di colore locale. Niente di più naturale che questo aspetto sia stato oggetto di approfondite indagini e di considerevoli esagerazioni, e niente di più rassicurante delle parole che concludono il Xiyou Ji Kaozheng (Esame del Viaggio in Occidente), scritto nel 1923 da Hu Shi:
Da tre o quattro secoli il Xiyou Ji è stato conciato in tutte le salse da innumerevoli preti, monaci e letterati. Per i taoisti è un ricettario per la fabbricazione del cinabro di immortalità, per i buddisti è un'introduzione allo zen, per i laureati è un'opera di filosofia confuciana che ispira dirittura morale e sincerità di cuore. Tutte queste interpretazioni sono i peggiori nemici del Xiyou Ji. Bisogna sbarazzarsi dei vari maestri Consapevole dell'Uno, Consapevole dell'Originale, delle varie Interpretazione vera, Senso ultimo, e ritornare a leggere il libro per quello che è. Il mio studio non sarebbe nemmeno stato necessario, se tutti questi lettori non si fossero sentiti troppo furbi per accettare il chiaro e semplice spirito ludico dell'opera e il suo umorismo, e non avessero sentito il bisogno di inseguire 'l'alto significato di sottili parole' rivestendola degli orpelli delle tre dottrine.
|