Wu Cheng'en
VIAGGIO IN OCCIDENTE


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     Un pizzico di metafisica. Scimmiotto ha una duplice, curiosa qualificazione metafisica e metaforica, da non ignorare nel corso della lettura delle sue imprese, per coglierne insieme il lato notturno e quello razionale.
     Da un lato, benché figlio del cosmo (della limpidezza celeste e del rigoglio terrestre, da loro nutrito in seno a una rupe che lo partorisce), egli incarna una scheggia del caos primordiale. Brilla nel cosmo attraverso tutte le ere del tempo che ciclicamente lo rinnovano, ma non partecipa del suo ordine del momento: è invece un principio di distruzione, ed è forse la possibilità perennemente latente di ordini diversi.

     Certo è un resto del caos originario
     Nel cosmo, questa vita smisurata
     Che i millenni non posson logorare.
     Vita che sfugge alle reincarnazioni,

     Disprezza i tre rifugi e i cinque freni.
     (cap. 7)

     D'altro lato egli - la scimmia - simboleggia il cuore d'uomo:

     Corpo di scimmia come cuore d'uomo.
     Irrequieto è lo spirito dell'uomo
     Come una scimmia...
     (cap. 7)

     Attenzione: nella convenzione cinese il cuore è sede della facoltà ragionativa, della mente, non del sentimento.
     Applicando insieme le due metafore al medesimo personaggio, Wu Cheng'en le identifica fra loro, o almeno le forza a convivere. Non ha il suo fascino l'immagine che presenta la nostra mente come scheggia del caos, che è o contiene un principio di distruzione? Un oggetto che mostra attitudini demiurgiche, ma il demiurgo è un altro; un oggetto che il demiurgo non è ben riuscito a dominare e a ordinare; che illumina il creato, ma lo critica, lo disturba e lo violenta; che va perennemente alla ricerca di un ordine diverso, ma alla lunga è essenzialmente incapace di stabilirlo - perché è caos.


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