Oggi il frutto si può sbucciare. Ma forse la coriacea buccia protettiva l'avrà aiutato ad arrivare a noi.
SCIMMIOTTO IN OCCIDENTE
Oggi la Cina sembra aver compiuto la sua secolare discesa e permanenza agli inferi, e ne sta risalendo come una freccia, per quanto lungo possa essere il percorso. Gradualmente essa perderà il connotato di paradiso del lavoro a basso costo, e andrà acquistando quello di grande mercato (magari, alla fine, il più grande del mondo). Ciò che probabilmente non cambierà, sarà l'impossibilità di capirla con il solo aiuto di idee occidentali.
Nel retaggio dei cinesi vi è un talento senza pari per i commerci, le tecnologie e ogni forma di saper vivere. Essi hanno certo buone carte per aver successo nella "competizione globale", e nei prossimi decenni non mancheranno di dimostrarlo.
Ma nulla, che da fuori entri in Cina, rimane qual era. Non perché il paese sia chiuso, ma perché ha una potente propensione (e i mezzi culturali occorrenti) per tutto trasformare, metabolizzare e sinizzare. Per convivere con i han (e sarà un affare eccellente, oppure una necessità inderogabile) bisognerà accettare di ricevere da loro non meno di quanto si dia: sarà inevitabile incontrarsi a mezza strada. Dunque bisognerà conoscerli bene.
Ma di che cosa sono fatti i cinesi? Il Xiyou Ji, per esempio, con la sua vitalità che perdura dopo quattro secoli tumultuosi, è uno dei tanti ingredienti. Una molecola della mente cinese è custodita qui.
Le traduzioni in lingue occidentali. Che cosa si è fatto sinora per presentare il Xiyou Ji al pubblico occidentale?
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