Wu Cheng'en
VIAGGIO IN OCCIDENTE


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     Ahimè, non potrei garantire di costituire "il terzo caso di Steiner": a prescindere da questioni di modestia, non possiedo strumenti adeguati di valutazione (sennò forse avrei tradotto l'originale). Però si badi: è un iter ben noto quello della traduzione dotta, che si deve ritradurre per trasportarla realmente nella lingua di destinazione.
     Nella più antica edizione cinese disponibile, i cento capitoli erano ripartiti in venti libri di cinque capitoli ciascuno, spezzando episodi senza riguardo. Ogni libro fu dapprima un rotolo, cioè un gran foglio arrotolato scritto su una sola pagina, che si leggeva svolgendolo da un lato corto e avvolgendolo dall'altro; in fondo, cambiare libro non era che voltar pagina. La grande capacità dell'e-rotolo non giustifica frazionamenti del genere. Peraltro qui l'indice segnala e caratterizza le aggregazioni di più capitoli in singoli episodi (che non sono venti ma circa il doppio, e hanno lunghezza variabile).

     Ciascun capitolo reca due titoli. Il primo è imposto ad arbitrio del curatore, per agevolare l'individuazione nell'indice. Il secondo è la traduzione del titolo originale cinese, che a volte si presenta come un sommario del contenuto, ma altre volte ne offre una versione ermetica.
     Le note sono riunite in un repertorio alfabetico (salvo poche lasciate a pie' di pagina, perché troppo legate ai singoli passi).
     Non viene riportato il capitolo spurio inserito, per esempio, in Monkey. A qualche antico lettore non sembrò giusto che le vicende della nascita e monacazione di un personaggio importante come Tripitaka fossero solo accennate nel romanzo, e si provò a svilupparle in un capitolo in soprannumero. Varie edizioni cinesi, a partire dalla metà del XVIII secolo, lo interpolano dopo l'ottavo. Qui il capitolo viene omesso per quattro motivi:


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