Scimmiotto prese gusto a contemplare a lungo le meraviglie del frutteto. Poi si rivolse al dio locale: "Quante piante ci sono qui?"
"In tutto tremilaseicento. Milleduecento sul davanti, a fiori piccoli e frutti che maturano in tremila anni, ora sono un po' acerbi; mangiarli dà l'immortalità e la comprensione del Tao, senza contare la buona salute e il corpo agile. I milleduecento alberi del settore di mezzo, con i fiori grandi a cascata, dànno pesche particolarmente zuccherine che maturano in seimila anni; basta mangiarne una per avere la giovinezza garantita a tempo indefinito e volare come una nuvola. Dietro si trovano altri milleduecento alberi con i frutti venati di porpora e la polpa tenera e gialla; maturano in novemila anni e rendono longevi come il cielo e la terra, o come il sole e la luna."
Il grande santo ascoltava con piacere, e non se ne andò prima di avere visitato tutto minuziosamente, compresi padiglioni e gazebo. In seguito ritornò ogni tre o quattro giorni a godersi le amenità del frutteto, e diradò visite e passeggiate altrove.
Un giorno, a vedere quelle belle pesche ben mature sui rami degli alberi più vecchi, gli venne una gran voglia di assaggiarle. Ma come fare, con quel dio locale, i giardinieri e il personale della residenza, che gli stavano sempre alle costole? Gli venne in mente uno stratagemma: "Vorrei schiacciare un sonnellino in questo gazebo; aspettatemi fuori."
Quando gli immortali si furono allontanati, Scimmiotto si levò veste e berretto, s'arrampicò sull'albero più grande e si mise a scegliere le pesche più mature. Ne colse parecchie e ne fece l'uso che andava fatto, seduto comodamente su un ramo. Quando ne ebbe abbastanza, saltò giù, si rivestì in fretta, richiamò il suo seguito e rientrò dignitosamente alla residenza. Le pesche gli erano molto piaciute; perciò nei giorni seguenti ripeté il giochetto più volte.
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