Scimmiotto ne approfittò per scivolare dietro una rupe e là, fuori vista, si trasformò in un piccolo tempio dedicato alle divinità locali. La bocca spalancata era la porta, i denti erano i battenti, la lingua una statua del dio, gli occhi le finestrelle. Ma la coda era difficile da nascondere: la trasformò in un'asta di bandiera, piantata dietro l'edificio.
Quando Erlang ritornò con la balestra, giunto ai piedi della rupe, non trovò più l'uccello, ma solo un piccolo tempio isolato. Lo esaminò attentamente con i suoi occhi penetranti, notò l'asta piantata sul retro ed esclamò: "Diavolo di un macaco! Non mi infinocchia. Di templi ne ho visti tanti, ma mai con l'asta della bandiera da quella parte. Mi tende una trappola: se mi avesse attirato all'interno, mi sarei trovato sotto i suoi denti. Ma io non ci casco: incominciamo con il buttar giù i battenti della porta e rompere le finestrelle."
A queste parole Scimmiotto si impaurì: "Non ci sto! I battenti sono i miei denti, le finestre sono i miei occhi: non posso lasciarmi fare a pezzi!"
Con un balzo da tigre, scomparve nell'aria; non c'era più.
Erlang stava frugando dappertutto quando sopraggiunsero i sei fratelli: "L'hai preso?"
"Il macaco ha cercato di imbrogliarmi: si è trasformato in un tempio. Stavo per rompere le finestre e abbattere la porta, quando è scomparso senza lasciare traccia. È proprio un tipo imprevedibile."
Sorpresa generale, ma per quanto si frugasse dappertutto non si trovava niente.
"Fratelli" disse Erlang "restate qui a sorvegliare e pattugliare, io salgo un momento a esplorare dall'alto."
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