Lei espresse la sua gratitudine e ritornò indietro. Il giovane drago si prosternò per ringraziarla di avergli salvato la vita, e si mise a sua disposizione. La pusa lo mandò ad aspettare il pellegrino dentro un torrente di montagna. Il suo momento di acquistar meriti sarebbe venuto quando, trasformato in cavallo bianco, avrebbe condotto il suo nuovo padrone al Paradiso dell'Ovest. Il giovane drago si andò a nascondere secondo le istruzioni ricevute.
Guanyin riprese con Moksa la via dell'est. Avevano ripreso il viaggio da non molto, quando videro copiosi raggi d'oro e scie di vapori di buon augurio.
"Maestro" disse Moksa "quello che emette questa luce è il Monte dei Cinque Elementi; si vede l'iscrizione del Buddha che ne sigilla la cima."
"È dunque chiuso là sotto il Grande Santo Uguale al Cielo, quello che sconvolse la Festa delle Pesche di Immortalità e provocò tanti disordini nel palazzo celeste?"
"Proprio così" confermò Moksa.
Salirono la montagna e contemplarono la scritta delle sacre parole Om mani padme hûm. La lettura strappò molti sospiri alla pusa, che compose questi versi:
Si era sviata la scimmia infelice:
Fu presa da follia di dominare.
Le pesche derubò, violò il palazzo,
Né cento armati poteron fermarla.
Scosse col suo prestigio i nove cieli
E solo il Buddha la poté domare.
Potremo noi contare sul suo aiuto?
Presto la conversazione fra maestro e discepolo destò la reazione di Scimmiotto dentro la montagna. Gridò: "Chi si diverte, lassù, a mettere in versi la mia ignominia?"
A queste parole Guanyin discese il fianco della montagna per cercare di vederlo. Ai piedi dello sperone roccioso si trovavano la divinità del luogo e i guardiani posti dal Cielo al grande santo. Tutti si fecero incontro alla pusa, si inchinarono e la guidarono dov'era Scimmiotto. Essa vide che, nella scatola di pietra in cui era chiuso, poteva parlare ma quasi non si poteva muovere.
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