Il sovrano esclamò stupefatto: "Ma mentre dormivi non ti sei mosso, e non avevi sciabola né spada: come l'hai decapitato, il drago?"
"Maestà, il vostro servo
Mentre restava qui in vostra presenza,
Nel sogno fu portato assai lontano.
Pesavano le palpebre, nel vuoto
Si perdevano gli occhi. Sulle nuvole
Mi fu assegnato un compito assai ingrato.
Il drago che vedete era legato
Sopra il patibolo. A lui mi rivolsi:
"A morire sei stato condannato
perché infrangesti un ordine celeste.
A me tocca troncare la tua vita."
Questo drago piangeva, e piegò il capo.
Io mi armai di coraggio e sollevai
Una lama di ghiaccio. Un colpo secco,
E la testa nel vuoto rotolava."
Taizong era combattuto fra la gioia e la tristezza. Si sentiva fiero di avere al suo servizio un uomo come Wei Zheng; con un ministro della sua tempra, la sicurezza del paese non destava preoccupazioni. Ma lo rattristava di aver promesso al drago di salvargli la vita e di non aver previsto che le cose potessero andare in quel modo. Fu penoso per lui dare a Qin Shubao, come pure doveva, l'ordine di esporre la testa sulla piazza del mercato, a edificazione del buon popolo di Chang'an. Si congratulò con Wei Zheng, e i cortigiani uscirono.
Quella sera, ritirandosi, l'imperatore si sentiva molto depresso, ripensando al drago che lo aveva così pietosamente implorato in sogno per aver salva la vita. Come sventare le trappole del destino? Sarebbe stato difficile sottrarlo alla disgrazia. A forza di pensarci e ripensarci, si sentiva fisicamente indisposto e moralmente spossato. Verso la seconda veglia sentì dei singhiozzi alla sua porta e la sua inquietudine aumentò. Tuttavia si assopì, ma in sogno gli apparve il drago del fiume Jing, che reggeva in mano la propria testa grondante di sangue e gridava: "Taizong, rendimi la mia vita! Mi avevi promesso di salvarmi. Come hai potuto mandare il tuo giudice a decapitarmi? Alzati, vieni! Ti voglio citare davanti a Yama."
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