"Il tuo è un buon proposito e gli ordini della pusa sono sacri" gli rispose Tripitaka, lieto della sua buona disposizione. "Ma io non ho strumenti per liberarti."
"Non ce n'è bisogno. Basta che vogliate, e da qui mi libererò da solo."
"Certo che voglio; ma tu come farai?"
"In cima alla montagna c'è un sigillo con lettere d'oro del beato Buddha. Basta che vi ci arrampichiate e leviate il sigillo: allora uscirò."
Tripitaka acconsentì e si rivolse al cacciatore: "Gran protettore, andiamo su a vedere di che cosa si tratta."
"Ma sarà vero?" replicò Boqin.
"Certo che è vero!" strillò la scimmia. "Figurarsi se ho voglia di dir bugie!"
Boqin chiamò i giovani domestici e affidò loro il cavallo; poi, sorreggendo Tripitaka, ricominciò l'ascensione della montagna. Raggiunsero la cresta, aggrappandosi ai cespugli, e scoprirono che da un certo punto provenivano raggi d'oro ed effluvi di buon augurio. Lì c'era una grande lastra di pietra cui era applicato un sigillo in lettere d'oro, con la scritta: Om mani padme hûm.
Tripitaka si inginocchiò e si inchinò più volte alle lettere d'oro della lastra; poi, rivolto a ovest, pregò: "Il vostro discepolo Chen Xuanzang ha ricevuto da voi la missione di cercare i sutra; se la scimmia divina è davvero destinata a divenire mio discepolo, che mi sia dato di togliere il sigillo e di liberarla, e di salire con lei il Picco degli Avvoltoi. Se invece non è che un mostro pericoloso, che mi inganna e non aiuterebbe la nostra impresa, che mi sia impossibile di levare il sigillo."
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