Dopo la preghiera si chinò sulla lastra e sollevò senza sforzo l'iscrizione in lettere d'oro. Una brezza profumata gli fece volar via tra le dita il nastro che la recava, mentre una voce diceva: "Sono il guardiano del santo. Ora che la sua punizione è scontata, ritornerò dal Buddha a rendergli il sigillo."
Tripitaka, il cacciatore e i loro accompagnatori erano così sorpresi, che per qualche minuto rimasero a discutere ad alta voce con lo spazio vuoto.
Ridiscesero al cofano di pietra e annunciarono alla scimmia: "Il sigillo è stato tolto, puoi uscire." Scimmiotto gridò tutto allegro: "Fatevi in là, per favore! Non vorrei spaventarvi."
Il gruppo s'incamminò verso oriente. Si fermarono dopo sei o sette li, ma la scimmia gridò: "Un po' più in là, continuate!"
Tripitaka aveva continuato il cammino per allontanarsi, quando sentì un boato spaventoso, come se la terra si aprisse e la montagna vi sprofondasse. Erano inchiodati dal terrore, quando la scimmia comparve davanti al cavallo del monaco. Si inginocchiò, nuda come un verme, gridando: "Maestro, eccomi qua!"
Si inchinò quattro volte a Tripitaka e fece una grande riverenza anche al cacciatore: "Fratello, grazie di esserti dato la pena di scortare il mio maestro, e anche di avermi diserbato la faccia."
Poi andò ad armeggiare con i bagagli. Il cavallo, a sentirselo vicino, tremava tutto e abbassava la testa: Scimmiotto, come antico equipuzio dei cavalli-drago del Cielo, aveva su tutti gli equini una tale autorità, da intimidirli al solo accostarsi.
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