"Maestro, se non li avessi battuti a morte, vi avrebbero ammazzato loro."
"Anche se fosse, per noi monaci è meglio morire che praticare la violenza. Se fosse toccata a me, ci sarebbe stato un morto solo, mentre così sono sei. Come si può giustificare? Se fosse un caso portato davanti al magistrato, non te la passeresti liscia neppure se il giudice fosse tuo nonno."
"Maestro, non vi posso nascondere che cinquecento anni fa, quando ero re del Monte di Fiori e Frutti, di gente ne ho ammazzata un bel po'. Se mi fossi comportato come dite voi, non sarei mai diventato Grande Santo Uguale al Cielo."
"Ma è stato proprio perché non ti sapevi controllare, e ti scatenavi in violenze quaggiù e in folli oltraggi lassù in Cielo, che ti è stata inflitta questa punizione di cinquecento anni. Ora che sei entrato nell'ordine come novizio, se continui a comportarti come poco fa e a distruggere vite, non potrai né diventare monaco né arrivare al Paradiso dell'Ovest. Il fatto è che sei troppo cattivo."
Scimmiotto non aveva mai sopportato le paternali. A sentire le invettive di Tripitaka, non ne poté più ed esplose: "È così che la mettete: non posso diventar monaco, né arrivare al Paradiso dell'Ovest? Non c'è bisogno che mi rintroniate le orecchie. Me ne vado per i fatti miei, e tanti saluti."
E prima che Tripitaka potesse rispondere, si scrollò e scomparve, gridando ancora: "Me ne vado!". Il monaco ebbe un bel guardarsi intorno da tutte le parti; notò soltanto che il breve grido si allontava verso est. Abbandonato, scosse la testa sospirando, profondamente afflitto e ferito: "Quel ragazzo! Come si può essere così ribelli al proprio direttore spirituale? Avevo appena aperto bocca, che è filato via senza lasciar traccia. Tanto peggio. Si vede che è il mio destino di non saper istruire discepoli e di restare solo come un cane. Del resto, anche volendo, dove lo potrei cercare adesso? Non resta che andare avanti."
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