Mentre chiacchieravano giunsero alla porta. Tripitaka smontò da cavallo e notò sull'ingresso tre grandi caratteri: Santuario del Dio del Suolo. Entrarono. Venne loro incontro, a mani giunte, un vecchietto con qualche perla al collo: "Maestro, vogliate entrare a sedervi."
Tripitaka gli rese premurosamente il saluto, entrò nella sala e andò a inchinarsi davanti alle immagini dei santi. Il vecchio fece servire il tè da un ragazzino. Bevendo il tè, Tripitaka chiese: "Perché questo tempio si chiama santuario del dio del suolo?"
"Qui siamo nel paese di Hami, dei barbari dell'Ovest. Il santuario è stato costruito dagli abitanti di un villaggio qui accanto. Il suolo è quello del villaggio, il dio è la divinità locale. Nei momenti dell'aratura di primavera, della sarchiatura estiva, della mietitura autunnale e della stivatura invernale del raccolto, ciascuno prepara le tre carni per il sacrificio e le offerte di fiori e di frutta per portarle al santuario e ottenere stagioni favorevoli, buon raccolto e prosperità nell'allevamento dei sei animali domestici."
"Non è il caso di dire: a tre li da dove stai, nuove usanze troverai?" esclamò Tripitaka, scuotendo la testa pieno di meraviglia. "I nostri usi non sono altrettanto buoni."
"Maestro, dove si trova il vostro paese d'immortali?"
"Il vostro umile monaco viene dal paese dei grandi Tang, nell'Est, e ha ricevuto la missione imperiale di andare in cerca delle scritture nel Paradiso dell'Ovest. Poiché la nostra strada passava accanto al vostro prezioso edificio e si faceva tardi, ci siamo permessi di rifugiarci nel vostro santuario benedetto per chiedervi di passarci la notte. All'alba ripartiremo."
|