E si mise a battere la fronte per terra un incredibile numero di volte.
Sul bordo della strada il re scimmia schiattava dalle risa. Dopo un po' venne a tirare il monaco per il vestito: "Maestro, tanto vale che vi alziate. Chissà dov'è a quest'ora quello là: non è certo rimasto ad ascoltare le vostre preghiere e a guardare le vostre prosternazioni. A che cosa servono tante moine?"
"Che cosa significano queste sghignazzate sul bordo della strada, invece di mostrare almeno un po' di rispetto mentre io mi prosterno?"
"Secondo me continuate a non capire niente. Il vecchietto ha recitato una farsa, e perciò meriterebbe un fracco di botte. Non gliele ho date per riguardo alla pusa; e mi pare che basti. Non pretenderà mica di farsi fare i complimenti dal vecchio Scimmiotto. Io sono schietto e non faccio salamelecchi a nessuno. Non ho mai fatto più di un saluto dignitoso neppure all'Imperatore di Giada o al signore Laozi."
"Infatti sei un bel maleducato. Basta con le chiacchiere. Non perdiamo altro tempo."
E ripresero il cammino.
Nel corso dei due mesi successivi continuarono a viaggiare senza che accadesse nulla di notevole. Ogni tanto incontravano Lolo o Huihui, oppure lupi, tigri o leopardi.
Il tempo vola: si ritrovarono all'inizio della primavera. Le foreste di montagna si coloravano di giada e di broccato, alberi e cespugli si coprivano di gemme. Poi caddero i fiori dei susini e crebbero le foglie del salice.
Un giorno si godevano lo sbocciare della primavera, al tramonto del sole. Tripitaka arrestò il cavallo per scrutare lontano: fra i monti si vedeva un gruppo di torri, padiglioni e altri edifici:
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