"Calma, state tranquillo. Ci penso io."
Scimmiotto va ad aprire il sacco, dove la veste splendeva attraverso il doppio strato della carta oleata che l'avvolgeva. Apre l'involucro e toglie il kasâya; non appena lo scuote e lo dispiega, un rosso splendore riempie e illumina la sala. I monaci sono pieni di meraviglia e ne cantano le lodi. Che superbo kasâya!
C'erano sopra
Di chiare perle lucidi pendenti,
I tesori del Buddha in mille modi,
Barbe-di-drago di seta leggera
E gli orli di broccati sontuosi.
Solo a indossarlo fa fuggire i diavoli,
Distrugge tutti gli esseri perversi.
Le mani delle fate l'han cucito,
Sol può indossarlo un monaco modesto.
In effetti il vecchio patriarca, alla vista di un simile tesoro, fu agitato da cattivi pensieri. Si fece avanti, si inginocchiò davanti a Tripitaka e gli disse con le lacrime agli occhi: "Il vostro discepolo non ha proprio fortuna."
"Che volete dire, venerato maestro?" gli chiese Tripitaka aiutandolo a rialzarsi.
"Questo tesoro che esponete ai nostri occhi, non riesco a vederlo bene con i miei occhi malati, ora che è caduta la sera. Non è una sfortuna?"
"Fate portare delle lampade."
"Ma è già un tesoro splendente. Se accendessimo lampade mi accecherebbe, e non lo vedrei più del tutto."
"E allora come lo volete vedere?"
"Se aveste la generosità di accordarmi questo favore, dovreste lasciarmelo portare in camera mia: passerei la notte a esaminarne tutti i particolari. Domattina, prima che ripartiate, ve lo restituirei. Che ne dite?"
La proposta riempì di inquietudine Tripitaka, che se la prese con Scimmiotto: "Hai visto? Colpa tua!"
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