"Quest'anno compio duecento sessant'anni, e mi son dato inutilmente la pena di procurarmi qualche centinaio di kasâya. Come posso diventare proprietario di questo? Come posso diventare monaco cinese?"
"È una pazzia. Il cinese è un monaco mendicante che ha abbandonato il suo pozzo e il suo villaggio. Voi avete avuto la fortuna di vivere tanti anni; non è meglio? Che ci guadagnereste a diventare monaco mendicante come lui?"
"È vero che ho un comodo riparo per la mia vecchiaia; ma non ho il suo kasâya da indossare di tanto in tanto. Se lo potessi avere, anche solo per un giorno, morirei senza rimpianti; sarebbe il compimento della mia vocazione di monaco in questo mondo."
"Ma è assurdo!" gridavano i monaci. "Mettetevelo quel vestito, che cosa ve lo impedisce? Li tratterremo un giorno di più, e voi lo porterete per tutto il giorno; se volete, li tratterremo dieci giorni, ecco tutto. Perché ridursi in uno stato simile?"
"Anche se li tratterrete un anno, io non l'avrò che per un anno. In fondo non sarebbe una soddisfazione durevole. Quando se ne andranno, lo dovrò restituire. Come posso fare per tenermelo indefinitamente?"
Un giovane monaco, di nome Vasta Sapienza, suggerì: "Nonno, se è questo che volete, non è difficile."
"Figlio mio" replicò il patriarca tutto contento; "quale eminente consiglio mi proponi?"
"I due monaci cinesi percorrono una lunga strada e si affaticano molto: perciò dormono sodo. Credo che i più robusti di noi potrebbero armarsi di picche e coltelli, forzare la porta della sala di meditazione e assassinarli. Basterebbe sotterrarli nella corte posteriore, e nessuno all'infuori di noi ne saprebbe niente. Ci guadagneremmo anche il cavallo bianco e i bagagli. Il kasâya resterebbe il nostro tesoro, da tramandare di generazione in generazione. Non è un piano che darebbe vantaggi anche ai nostri bisnipoti?"
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