"Non cercherai mica di abbindolarmi raccontando frottole? Se vuoi proprio accompagnare il monaco cinese, senza inganno, giuralo davanti al Cielo. Solo a questa condizione ti porterò dal mio maestro."
Il mostro si gettò in ginocchio, rivolto a ovest, e si mise a battere la fronte per terra al ritmo di un pestello che batte nel mortaio: "Amitâbha, namo Buddha, se non ho parlato sinceramente e con ferma intenzione, se ho violato le leggi divine, possa il mio cadavere essere disperso in mille pezzi."
"Se le cose stanno così" dichiarò Scimmiotto vedendolo giurare a quel modo, "dà fuoco alla tua residenza e vieni con me."
Il mostro ammucchiò molte fascine e le incendiò, trasformando la Grotta della Passerella di Nuvole in una specie di forno da vasaio.
"Ecco, ho rotto ogni legame: puoi portarmi con te" disse il mostro a Scimmiotto.
"Passami il rastrello."
Il mostro glielo tese. Scimmiotto si strappò un pelo e lo trasformò in una grossa corda di canapa tre volte ritorta, per legargli le mani dietro la schiena. Il mostro lasciava fare. Poi lo afferrò per un'orecchio e se lo tirò dietro gridando: "Via, di corsa, di corsa!"
"Vacci piano! Hai la mano pesante, l'orecchio mi fa male!"
"Come si fa a usare la mano leggera con te? Lo dice anche il proverbio: a buon grugno, mal pugno. Aspetta di aver visto il mio maestro; poi, se il tuo cuore è sincero, ti lascerò libero."
Fra nubi e brume ripercorsero la strada verso la casa dei Gao. Sempre stringendo in una mano il rastrello e tirando l'orecchio con l'altra, Scimmiotto disse al mostro: "Guarda giù nella sala: quello che è seduto diritto in poltrona è il mio maestro."
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